PROGETTO DI LEGGE - N. 4137




        Onorevoli Colleghi! - L'istituzione della Commissione speciale per l'esame dei progetti di legge recanti misure per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione, deliberata dalla Camera dei deputati nella seduta del 26 settembre 1996, riconduce in un unico strumento, ai fini della trasparenza, anche l'attività della pubblica amministrazione allargata, inclusa la disciplina delle attività professionali esercitate dai dipendenti iscritti agli albi professionali nell'ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni di appartenenza.
        La materia dell'attività professionale nel rapporto d'opera professionale dipendente richiede, d'altra parte, per la sua complessità e specificità, un provvedimento legislativo a sé stante, che si raccorda integrando la proposta presentata dalla Commissione speciale alla Presidenza della Camera dei deputati in data 6 marzo 1997 e contenuta nella relazione "per l'esame dei progetti di legge recanti misure per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione", che fa seguito alla relazione "dei tre saggi" Cassese, Arcidiacono e Pizzorno che la Commissione medesima ha condiviso ed adottato come utile base di partenza per il suo lavoro.
        Nella relazione la Commissione speciale sostiene, tra l'altro, che tra le conseguenze più gravi che il sistema di corruzione produce è il fatto di debilitare le migliori energie all'interno dell'apparato statale e favorire "lo smantellamento degli apparati tecnici attraverso le lottizzazioni degli incarichi esterni, rendendo impossibili i controlli soprattutto nei casi di privatizzazione dei servizi, con la conseguenza di appesantire i bilanci delle amministrazioni".
        Quanto sopra trae origine dal "Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione", istituito con decreto n. 211 del Presidente della Camera dei deputati il 30 settembre 1996 e presentato dai "tre saggi" sopracitati alla Presidenza della Camera in data 23 ottobre 1996.
        Il Rapporto, infatti, in più riprese sottolinea che "una delle ragioni principali della corruzione è la debolezza della amministrazione, data dall'assenza o dall'insufficienza dei corpi professionali. Essa costringe le amministrazioni ad affidarsi a soggetti esterni per tutte le attività che riguardano l'opera di specialisti". I rimedi ipotizzabili sono l'aggiornamento continuo del proprio personale professionale ed in secondo luogo che i professionisti dipendenti iscritti agli albi "vanno organizzati in corpi separati, con uno stato giuridico ed un trattamento economico che consentano di attrarre personale di preparazione adeguata".
        "Non ci si deve illudere" conclude il Rapporto nella parte inerente la materia professionale "di poter acquisire le professionalità necessarie, se non si è disposti a pagare il loro prezzo, né che la corruzione abbia termine, finché le amministrazioni non abbiano superato la loro debolezza".
        Con la legge 15 marzo 1997, n. 59, in attuazione dell'articolo 73, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993, il Governo della Repubblica è stato delegato ad emanare entro dodici mesi uno o più decreti delegati diretti a prevedere che i decreti legislativi e la contrattazione possano distinguere nell'ambito dell'area della dirigenza la disciplina relativa ai dirigenti amministrativi da quella concernente le specifiche tipologie professionali riservate ai laureati pubblici dipendenti iscritti agli albi professionali, attualmente inquadrati in ruoli e qualifiche diversificate da comparto a comparto della pubblica amministrazione, nonché di stabilire una distinta disciplina per gli altri dipendenti pubblici quali i geometri, i periti industriali, i periti agrari, nonché gli assistenti sociali, che svolgano qualificate attività professionali implicanti la iscrizione agli albi professionali di categoria.
        A complemento ed integrazione della norma sopra richiamata, la presente proposta di legge detta norme per l'organica disciplina del rapporto d'opera professionale per il personale che svolge attività implicante la iscrizione agli albi professionali, nell'ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni dei vari comparti del pubblico impiego, degli enti pubblici economici, degli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, delle aziende e società erogatrici di servizi pubblici, di beni essenziali ovvero esercenti pubblici trasporti degli enti e aziende di cui al comma 5 dell'articolo 73 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
        La disciplina delle attività professionali oggetto della presente proposta di legge si applica anche agli organismi di diritto pubblico la cui attività risulta finanziata in modo maggioritario dallo Stato o dagli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6 dell'articolo 2 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nonché al settore delle privatizzazioni dei servizi pubblici con particolare riferimento alle società - locali o nazionali - a capitale pubblico o a capitale misto, per le quali la privatizzazione della forma giuridica e la rigidità e la sovrabbondanza delle norme e delle procedure amministrative potrebbero garantire l'elusione sia dei controlli amministrativi che di quelli relativi alle società private, creando occasioni di scambio occulto.
        A questo problema si ricollegano il tipo di organizzazione e l'autonomia della gestione delle strutture professionali in relazione all'esercizio della professione, norme di rilevante interesse che si ritengono indispensabili al fine di rendere sempre più rispondenti al nuovo modello organizzatorio delle amministrazioni lo svolgimento delle attività professionali nell'esclusivo interesse della trasparenza e della collettività nazionale.
        L'evoluzione dei tempi e la prospettazione dei nuovi problemi che sono emersi a seguito di esigenze nuove determinate dalla sempre maggiore evoluzione delle tecnologie e dalla conseguente trasformazione della posizione del professionista dipendente, richiedono di superare la confusione e le lacune delle normative vigenti nelle attività di specifico interesse professionale esercitate nell'ambito dei compiti istituzionali presso le amministrazioni, enti e società sopracitati, in parte carenti del tutto di una regolamentazione organica dell'esercizio professionale dipendente che viceversa, con la legge 20 marzo 1975, n. 70, ha trovato concreta applicazione negli enti pubblici non economici, mentre non ha trovato una sua corretta applicazione negli altri comparti della pubblica amministrazione nei settori di pubblico interesse.
        L'indagine promossa dal Ministro per la funzione pubblica nel novembre del 1993 in sede di gruppo di lavoro finalizzato alla valorizzazione e coordinamento dei dipendenti professionisti dello Stato e degli enti pubblici ha rilevato che nella pubblica amministrazione circa il cinquanta per cento dei posti in organico in discipline tecnico-scientifiche (ingegneri, architetti, geologi, agronomi, eccetera), risultano vacanti e le difficoltà di reclutamento, sempre più evidenti e marcate, necessitano di rimedi incentivanti l'assolvimento delle funzioni professionali dipendenti che richiederebbero, altrimenti, necessario ed esigente l'approccio delle amministrazioni alla professione esterna, che comporterebbe una spesa notevolmente maggiore, come è stato sottolineato anche dal Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione, di quella necessaria con il ricorso a professionisti interni e a quella derivante dalla incapacità di controllare gli appaltatori e di valutare la congruità dei prezzi.
        L'alto costo del servizio professionale non consente, d'altra parte, un suo impiego irrazionale o indiscriminato; la prestazione professionale, com'è noto, è troppo delicata per richiedere una improvvisazione o la partecipazione saltuaria di singoli professionisti.
        L'attività professionale va intesa infatti come una organica confluenza delle esperienze di gruppi di lavoro specializzati e coordinati, integrando i singoli aspetti tecnici, gestionali, legali, attuariali, eccetera, contemporaneamente presenti in molti degli interventi delle categorie professionali presenti nelle amministrazioni e dotandoli di tutti i sussidi tecnici offerti dalle avanzate tecnologie e dai metodi organizzativi e manageriali più moderni, al fine di disporre di tutte le specializzazioni necessarie in ogni circostanza e tese ad una rapida soluzione dei problemi in progetto, premessa indispensabile per la successiva celere attuazione degli stessi, nel rispetto dei tempi stabiliti dai programmi.
        Storicamente da ben sei legislature i professionisti dipendenti attendono dal Governo e dai due rami del Parlamento l'approvazione di un testo legislativo che detti norme sulla disciplina del loro status professionale, ma tutte le iniziative volte in tal senso non hanno mai completato l'iter legislativo per fine anticipata della legislatura.
        E' necessario, pertanto, restituire alle categorie professionali dipendenti la fiducia nelle pubbliche istituzioni, assicurando un adeguato riconoscimento alle loro elevate professionalità.
Questi professionisti, prima del riassetto del parastato, costituivano la categoria direttiva tecnica avvantaggiata, rispetto alla categoria direttiva amministrativa, dall'inserimento iniziale in una qualifica superiore, da tempi di percorrenza della carriera più celeri, dal riconoscimento di specifiche indennità professionali.
        I professionisti appartenenti anche alle più elevate qualifiche dirigenziali, furono inquadrati nel ruolo unico professionale in attuazione della legge n. 70 del 1975, trasformando la carriera tecnica in due uniche qualifiche funzionali, non ordinate gerarchicamente al proprio interno, delle quali una riservata ai diplomati e riconoscendo alla prima qualifica professionale, riservata ai laureati, una preminenza di stato rispetto alla dirigenza amministrativa con uno sviluppo del trattamento economico parallelo sino alle posizioni più elevate della dirigenza amministrativa.
        Questa innovazione legislativa fu esattamente interpretata dal legislatore della legge 20 marzo 1975, n. 70, negli articoli 15 e 16, in base ai quali gli appartenenti al ruolo professionale, mentre partecipano, in varia misura, al procedimento di formazione della volontà amministrativa degli enti pubblici, si assumono nell'esercizio della loro attività "a norma di legge una personale responsabilità di natura professionale".
        La relazione illustrativa della suddetta legge n. 70 del 1975, aggiunge, inoltre: "come si desume agevolmente dalla formulazione di questa norma il termine "professionale" non ha certo in questo caso il significato quanto mai ampio e generico di attività svolta in modo continuativo a scopo di guadagno ma proprio la precisa accezione che assume la parola quando questa la si consideri come l'aggettivo corrispondente al sostantivo "professionista"".
        E proprio a ruoli organici di professionisti il legislatore ha inteso riferirsi per conferire una nuova disciplina giuridica a gruppi di operatori che, come ha avuto occasione di far notare il Consiglio di Stato nella motivazione di alcune sue decisioni giurisdizionali sono, per così dire, sulla linea di confine tra gli impiegati ed i liberi professionisti in quanto effettuano prestazioni di lavoro che hanno un peculiare contenuto, giacché non soltanto si inseriscono nella sfera organizzativa propria dell'ente, ma si proiettano nell'ambito di un'altra struttura giuridica, diventando un elemento sia del rapporto di impiego sia dei vari rapporti professionali costituiti con altri soggetti e con le pubbliche autorità, con responsabilità personali e autonomia decisionale, tanto da potersi affermare che essi cumulano lo status di pubblici impiegati con quello di esercenti la professione.
        Lo stesso articolo 15 della richiamata legge n. 70 del 1975 contiene implicitamente i criteri orientativi sul modo con cui va organizzata in futuro l'attività delle categorie di professionisti, non più in uffici burocratici, ma nella forma di studi professionali, in cui le competenze individuali possono essere integrate solo dalla collaborazione di gruppo e dall'azione di coordinamento, senza vincoli di subordinazione gerarchica, lungo la linea operativa dei servizi d'istituto.
        Da questo inquadramento normativo derivano le necessarie conseguenze sul piano retributivo, avuto riguardo alla duplice esigenza di agevolare, per quanto possibile, il reclutamento di giovani professionisti adeguatamente preparati e di assicurare uno sviluppo retributivo consono alle leggi di mercato.
        Nella X legislatura il Governo, mantenendo fede all'impegno assunto di affrontare unitariamente le problematiche delle categorie professionali che andranno individuate in tutti i settori del pubblico impiego allargato, per sottrarle alla contrattazione e ricondurle nell'ambito della riserva di legge, nel presentare al Parlamento il disegno di legge sul riordino della dirigenza statale e delle altre pubbliche amministrazioni territoriali ed istituzionali (atto Camera n. 3464) ha inserito all'articolo 13 (ex articolo 9) le norme per la istituzione del ruolo unico professionale e all'articolo 20 (ex articolo 14) le relative norme transitorie.
        Il testo, contenente i citati articoli, fu approvato in sede legislativa dalla Commissione lavoro della Camera dei deputati e non proseguì il suo iter per la fine anticipata della legislatura.
        Nella XI legislatura fu nuovamente ripresentato alla Camera dei deputati (il 19 maggio 1993, atto Camera n. 2679) e al Senato della Repubblica (il 22 aprile 1993, atto Senato n. 1171), il disegno di legge sulla istituzione del ruolo unico professionale, il cui iter legislativo iniziato presso la Commissione lavoro della Camera dei deputati (relatore onorevole Orazio Sapienza), non ebbe seguito per la prematura fine della legislatura.
        Ripetuti disegni di legge sulla istituzione del ruolo unico professionale furono presentati nelle successive legislature, ma sebbene avviata alla Camera dei deputati la loro discussione, la fine anticipata delle legislature non consentiva di completare l'iter legislativo.
        Sorge, quindi, la necessità di completare l'impegno assunto dal Parlamento con l'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, di delegare il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi, tra i quali quelli relativi al comma 4, lettera d), diretti a "prevedere che i decreti legislativi e la contrattazione possano distinguere la disciplina relativa ai dirigenti da quella concernente le specifiche tipologie professionali (omissis) e stabiliscano altresì, una distinta disciplina per gli altri dipendenti pubblici che svolgano qualificate attività professionali (omissis)".
        La presente proposta di legge integra, in conclusione, a complemento del surrichiamato comma 4, lettera d), dell'articolo 11 della legge n. 59 del 1997, l'organica normativa nella materia, prevedendo per le specifiche tipologie professionali concernenti i professionisti laureati dei vari comparti del pubblico impiego e per i professionisti diplomati, la disciplina ripetutamente rinviata dell'esercizio della professione nell'ambito del rapporto d'opera professionale espletato nell'ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni di appartenenza.
        Ciò premesso si espongono, di seguito, i contenuti del testo della presente proposta di legge.
        All'articolo 1 sono indicate le finalità della legge per l'organica disciplina dello stato giuridico delle categorie professionali dipendenti dalle amministrazioni ivi elencate, mentre all'articolo 2 si disciplina l'istituzione del ruolo unico professionale nelle amministrazioni, nel rispetto dei princìpi dettati dal legislatore per gli appartenenti al ruolo professionale degli enti pubblici non economici; l'articolo 3, in armonia con il comma 4, lettera a), dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, prevede la costituzione del corpo dei professionisti dello Stato, incardinato nell'ambito del ruolo unico professionale, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e posto a servizio di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alla stregua dell'Avvocatura dello Stato e dei sistemi adottati in altri Paesi, come il Technical Civil Service inglese.
        Gli articoli 4 e 5 riprendono di massima e integrano per la migliore attuazione la normativa dettata agli articoli 13 e 20 del disegno di legge del Governo sulla riforma della dirigenza (atto Camera n. 3464) approvati da questo ramo del Parlamento nella X legislatura, senza poter proseguire l'iter legislativo per la fine anticipata della legislatura, affiancando un parallelo necessario intervento di riordino delle strutture professionali definendo, nel rigoroso rispetto degli ambiti di autonomia sul piano tecnico-professionale e gestionale delle rispettive strutture, il rapporto dei professionisti con la dirigenza, raccordandosi ai diversi livelli di coordinamento professionale con i dirigenti delle strutture amministrative per l'individuazione di obiettivi e priorità al fine di garantire la migliore tutela dell'interesse pubblico cui l'attività istituzionale è finalizzata, favorendo l'aggiornamento permanente degli appartenenti al ruolo unico professionale anche mediante la concessione dell'anno sabbatico e stabilendo norme di garanzia relative ai rischi connessi all'assunzione personale delle responsabilità di natura professionale nell'esercizio dell'attività svolta nell'interesse delle amministrazioni di appartenenza.
        Considerato che il regime normativo e retributivo delle categorie professionali, anche agli effetti della mobilità e della perequazione dei trattamenti economici del personale con riguardo all'esercizio di funzioni analoghe, così come indicato all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, deve essere regolato nel rigoroso rispetto dell'esercizio della professione regolamentata legislativamente in maniera univoca per gli iscritti agli albi, viene previsto all'articolo 5 che il rapporto di lavoro, concordato tra le parti mediante un accordo sindacale unico per tutti i comparti, viene definito, nell'ambito di una apposita area di contrattazione autonoma, distinta da quelle della dirigenza, alle cui trattative partecipano l'Agenzia prevista dall'articolo 50 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, in rappresentanza della parte pubblica dei vari comparti e rappresentanti delle confederazioni sindacali professionali maggiormente rappresentative sul piano nazionale e delle organizzazioni sindacali professionali rappresentative in esclusiva degli appartenenti al ruolo unico professionale, così come già previsto dal disegno di legge governativo n. 3464 del 19 dicembre 1988 sul riordinamento della dirigenza statale e delle altre pubbliche amministrazioni territoriali ed istituzionali.
        Infine, viene stabilito che le rappresentanze sindacali delle organizzazioni sindacali professionali rappresentative delle categorie professionali continuano ad essere regolate dall'articolo 19 (e seguenti) dello statuto dei lavoratori di cui alla legge n. 300 del 1970. La norma si fonda sulla indiscutibile peculiarità del rapporto di lavoro dei professionisti, peculiarità che giustifica il mantenimento della possibilità di costituire una rappresentanza sindacale aziendale differenziata rispetto a quella della generalità dei lavoratori.
        L'articolo 6 assicura incentivi per particolari prestazioni professionali con la espressa consapevolezza, sottolineata anche nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva in materia di esecuzione di opere pubbliche, approvato il 29 ottobre 1992 dalle competenti Commissioni della Camera e del Senato in sede congiunta, di prevedere la corresponsione di compensi a tariffa professionale ridotta del 30 per cento, per incarichi di progettazione, direzione lavori e collaudo, espletati dai professionisti tecnici dipendenti delle amministrazioni appaltanti opere e impianti di manutenzione, trasformazione, ampliamenti, costruzione e trasformazione del territorio e verifiche, al fine di non trascurare le aspettative delle categorie professionali dipendenti che esplicano prestazioni professionali di rilevante interesse, rese in rappresentanza e per conto delle amministrazioni di appartenenza.
        L'efficiente espletamento di attività professionali cui è corollario il riconoscimento del diritto al compenso quando rivestono aspetti di complessità e delicatezza e per le quali ai soggetti utilizzati vengono riconosciute doti di capacità professionali e di esperienza, oltre che di probità, escludono che esse trovino fondamento nella carica ricoperta e che possano rientrare, data la loro particolare natura, tra i normali compiti d'ufficio. E' necessario, infatti, un apposito provvedimento di conferimento dell'incarico, effettuato intuitu personae e non ratione officii cui si accompagna un atto di adesione da parte del soggetto investito, che conserva piena potestà di non accettare o di rinunciare all'incarico medesimo.
        Nè si può affermare, nel caso di specie, il principio dell'onnicomprensività, tenuto conto che il quarto comma dell'articolo 62 del regolamento approvato con regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, prevede che è riservata alle singole amministrazioni dello Stato la facoltà di liquidare ai propri funzionari i corrispettivi per le prestazioni "compiute" per pubbliche amministrazioni sulla base delle tariffe professionali ridotte del 30 per cento. Numerose sentenze della magistratura nell'affrontare l'argomento hanno osservato che il quadro normativo delineato dall'articolo 62 sopra citato, consente alle amministrazioni di erogare un compenso per le prestazioni professionali rese ad enti diversi e anche a favore dell'amministrazione di appartenenza, in relazione ad un particolare incarico professionale conferito con esplicito mandato dal legale rappresentante della amministrazione di appartenenza.
        Nei casi di specie il principio dell'onnicomprensività, va ricordato, non trova applicazione in quanto quest'ultimo non può prevalere su di un atto di legislazione primaria, qual'è il regio decreto n. 2537 del 1925 e, conseguentemente, non può incidere, in danno dei professionisti tecnici dipendenti delle amministrazioni, su posizioni soggettive direttamente disciplinate da norma di legge.
        In materia di onorari e diritti dovuti sulle spese giudiziali, la norma regolamentare deriva, infine, direttamente dalla legge forense (regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36) che all'uopo non pone alcuna distinzione tra professionisti iscritti al libero foro e iscritti all'elenco speciale annessi all'albo professionale.
        Ciò non di meno, per costante giurisprudenza, l'attribuzione degli onorari e dei diritti a favore dei professionisti dipendenti deriva dal loro status professionale e viene riconosciuta nei casi in cui l'attività professionale risulta prestata con effettivo vantaggio della amministrazione di appartenenza, anche nel caso frequente del giudizio favorevole alla amministrazione con la compensazione delle spese o a vantaggio dell'amministrazione da una transazione che ne accolga le pretese senza pronuncia sulle spese, ovvero che la condanna alle spese della soccombente parte avversa alla amministrazione, non è necessariamente seguita dall'effettivo recupero delle spese.
        L'articolo 7 prevede le modalità per l'accesso al ruolo unico professionale mediante concorso pubblico di selezione e titoli o corso-concorso per prestazioni professionali specializzate richieste dalle amministrazioni, ai quali sono ammessi gli iscritti da almeno cinque anni agli albi professionali, nonché la composizione delle commissioni esaminatrici.
        Il periodo di attività professionale degli iscritti agli albi svolto all'esterno della amministrazione che bandisce il concorso pubblico per selezione basato su prove attitudinali e di esperienze applicate alla pratica professionale, evita i tempi morti del training formativo e l'alta incidenza di questi costi fissi, introducendo, viceversa, un elemento completamente nuovo nella strutturazione dell'attività professionale, poiché l'esperienza professionale acquisita all'esterno consente sin dall'inizio quell'elevato necessario rendimento produttivo e di efficienza e il ricorso a tutta una serie di sussidi tecnici e di tecnologie avanzate, potendo attirare in servizio le energie professionali migliori presenti nel mondo del lavoro, con l'offrire loro posizioni decorose e competitive con le leggi di mercato e sviluppi di carriera orizzontali con elevati livelli retributivi equiparati sin dall'ingresso a quelli della dirigenza.
        Pretendere, d'altra parte, di sottoporre gli iscritti agli albi professionali a verifiche d'esame selettive di tipo scolastico ovvero a test aziendali per l'accesso in ruolo e lo sviluppo delle carriere professionali a nulla serve, poiché le scienze sociologiche del lavoro hanno ampiamente dimostrato che soltanto la pratica professionale di "mestiere" espletata nel corso dell'attività professionale arricchisce la conoscenza e l'esperienza del professionista a tutto vantaggio dell'efficienza del servizio professionale dipendente.
        L'articolo 8 prevede l'istituzione di un organo nazionale consultivo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri al fine di rispondere all'ulteriore fondamentale esigenza di garantire l'uniformità di indirizzo e di applicazione del rapporto d'opera professionale nell'ambito delle amministrazioni, poiché l'esperienza ha dimostrato le serie difficoltà incontrate dalle amministrazioni che hanno istituito per legge il ruolo unico professionale, sia in sede di applicazione delle norme relative, sia in relazione al corretto svolgimento delle attività professionali dipendenti, di non semplice attuazione e che hanno prodotto l'emergere di situazioni di incongruenza e di sostanziale irregolarità sanate dall'intervento, su ricorso degli interessati, del giudice amministrativo dopo un lungo contenzioso tra le parti in causa. Al comitato consultivo nazionale possono rivolgersi le amministrazioni perché esprima pareri e norme di interpretazione e di indirizzo generale sui quesiti posti dai gruppi consultivi costituiti presso le singole amministrazioni, alla stregua di quelli già costituiti nell'ambito degli enti pubblici non economici.
        Tale comitato serve altresì a definire codici di comportamento professionale consentendo un autocontrollo di comportamento nell'esercizio delle attività professionali da parte degli interessati.
        L'organo nazionale consultivo adempie, inoltre, agli oneri di pubblicità e di informazione su argomenti concernenti l'attività professionale dipendente finalizzata alla maggiore efficienza e al conseguimento di una effettiva trasparenza dell'azione pubblica e può proporre al Governo iniziative per la migliore efficacia e produttività dell'attività e della qualificazione professionale medesima.
        Con l'articolo 10, infine, è stabilita l'immediata entrata in vigore della legge e sono abrogate le norme, anche speciali, incompatibili con la stessa.




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